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Chiuso per necessità

È stato difficile farlo, ma non ho altre vie d’uscita”. Termina con queste parole la mail che ho ricevuto lo scorso fine settimana da Massimo, titolare di un’officina a Lodi, una delle prime città entrate nella zona rossa.

“Dopo quasi dieci anni di attività come artigiano della riparazione – racconta Massimo – e con alle spalle tanti sacrifici per pagare le attrezzature e onorare gli impegni con i fornitori, ho dovuto, seppur con il groppo in gola, lasciare a casa il mio unico dipendente e chiudere”.

Di mail come quella di Massimo, fortunatamente, non ne abbiamo ricevute altre per il momento, ma la situazione ad oggi è molto delicata e richiede un’analisi attenta, che noi abbiamo avuto modo di realizzare grazie alla collaborazione con il prof. Silvano Guelfi del Politecnico di Torino, il cui articolo è disponibile online sui nostri siti.

In sintesi le responsabilità di eventuali situazioni di insolvenza sono da attribuire in parte a tutta la filiera, ma in prevalenza a coloro che, pur avendo la possibilità di incassare subito i soldi della riparazione, non rispettano le scadenze a monte. A pagarne le spese è sempre il componentista a meno che non decida di cambiare modus operandi, ovvero di farsi pagare subito la merce. In questo modo la sua scelta avrà conseguenze che ricadranno sul distributore, sul ricambista e, quindi, sull’officina.

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Il nostro augurio per tutti è quello di poter ripartire subito e di tornare, in breve tempo sui livelli di gennaio. Questa credo sia la speranza di Marco, Luca, Lorenzo e Marcello, titolari di officine sparse lungo la nostra penisola.

Seguiteci vi terremo aggiornati anche sul numero delle officine aperte in Italia.

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